Onorevoli Colleghi! - Si stima che dall'Italia, terra di forte emigrazione, nel secolo appena trascorso siano partiti, in cerca di lavoro, circa 22 milioni di connazionali.
      Questo fenomeno ha caratterizzato, a più riprese e con diversa intensità, le nostre regioni, e per tanti italiani ha rappresentato l'unica dolorosa soluzione ai problemi economici e sociali che non potevano essere risolti sul territorio nazionale.
      Di quella massa di connazionali emigrati, una gran parte ha ottenuto il riscatto sociale sognato alla partenza, mentre per un'altra parte non è stato così.
      In alcuni casi, infatti, la povertà da cui si cercava si fuggire è stata sostituita con una nuova situazione di indigenza, ancora più drammatica oggi, perché sopportata, in una fase della vita, la terza età, in cui vengono meno la speranza e l'entusiasmo con i quali si era creduto di ricostruire una nuova vita.
      Ciò nonostante, non si può non riconoscere che, tutti indistintamente, i nostri connazionali all'estero, anche quelli che non hanno ottenuto quell'ambito riscatto sociale, hanno lavorato per la crescita economica e sociale del nostro Paese nel mondo intero, ad esempio con l'invio in Italia delle loro rimesse, con la diffusione della cultura italiana e con il consumo del made in Italy.
      A quei nostri connazionali emigrati che, cercando la fortuna lontano da casa, non l'hanno trovata, è indirizzata questa proposta di legge.
      La presente proposta di legge, infatti, attraverso la modifica all'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, si prefigge di riconoscere il diritto all'assegno sociale ai cittadini nati in Italia, e residenti all'estero,

 

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continuativamente da almeno dieci anni, ultrasessantacinquenni in condizioni «verificabili» di indigenza o dichiarati inabili.
      L'assegno sociale è, per questi connazionali, un'esigenza che si pone in maniera pressante ed improcrastinabile, ancora di più se risiedono in Paesi colpiti da gravi crisi economiche e sociali; la sua necessità è stata ribadita più volte dal Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE) (ad esempio nella Conferenza del CGIE sull'assegno sociale, indetta nel 1992); la sua introduzione nell'ordinamento italiano è stata sollecitata dai Comitati degli italiani all'estero (Comites) e da tutte le forze istituzionali e sindacali, nonché dalle associazioni di mutua assistenza degli italiani all'estero.
      In primo luogo, la presente proposta di legge è un atto di giustizia sociale, che consentirebbe a questi soggetti un minimo aiuto economico, per superare le difficoltà di vita, nello stesso Paese che li ha accolti, ed eviterebbe il secondo e totale sradicamento. Infatti, queste persone, spesso spinte dalla necessità, decidono di ritornare in Italia. Ma tornare a vivere nel proprio Paese, dopo anni di emigrazione, non vuol dire sempre tornare in famiglia e tra gli amici d'infanzia, anzi, in molti casi, purtroppo, significa solo, come accadde per l'esodo, un trasferimento per sopravvivere.
      In secondo luogo, riconoscendo a questi soggetti il diritto all'assegno sociale, si otterrebbe anche un beneficio economico per lo Stato, in termini di riduzione di costi pubblici: questo per effetto della rinuncia ai numerosi rientri per poter accedere a diritti e a prestazioni assistenziali, giudicati mediamente superiori ai 20.000 euro annui a persona (da «Pagine» del 9 settembre 2006, Vitaliano Vita, presidente dell'Osservatorio per la diffusione della informazione e della cultura italiana - ODICI, autore, tra l'altro, di uno studio per la individuazione in America Meridionale degli indigenti ultrasessantacinquenni, residenti all'estero fornito anche al Ministero degli Affari Esteri).
      Per inciso, è interessante notare che, il numero degli aventi diritto all'assegno sociale, così ridefinito, andrà necessariamente riducendosi, per cause naturali, nel corso degli anni: cosicché il maggiore costo sopportato dal bilancio dello Stato, nei primi anni di applicazione di questo provvedimento, se approvato, andrà, con il passare del tempo, via via diminuendo.
      In terzo luogo, questa proposta di legge intende eliminare la discriminazione, incredibilmente operata fino ad oggi, nei confronti di una categoria di cittadini a cui non viene riconosciuto lo stesso diritto di cui godono, ad esempio, gli abitanti della Repubblica di San Marino, i rifugiati politici e i cittadini extracomunitari che hanno ottenuto la carta di soggiorno.
      Per assurdo, infatti, lo Stato italiano riconosce ai soggetti citati - che non sono italiani - quel diritto che, ancora, non riconosce ai connazionali nati in Italia e emigrati.
      L'approvazione della presente proposta di legge mentre, da un lato, consentirà un uso più razionale delle risorse del bilancio dello Stato (l'irrazionalità anticostituzionale dell'attuale situazione è anche antieconomica), dall'altro colmerà l'iniqua ma soprattutto anticostituzionale assenza di tutela legislativa, tuttora persistente, nei confronti dei soggetti più deboli della nostra società, ovunque risiedano, e che hanno contribuito alla crescita economica e sociale del Paese.
      Su questo presupposto si ritiene che la previsione di spesa, per il primo anno di attuazione, sia di 90 milioni di euro.
      Inoltre, dal secondo anno in poi, i consolati italiani, in collaborazione con i patronati e con le associazioni italiane segnalate dalle ambasciate, trasmetteranno al Ministero degli affari esteri, nei termini previsti, le domande pervenute e accolte, presso le rispettive sedi, consentendo un ulteriore aggiustamento e ricalcolo della spesa per l'anno successivo.
 

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